La soluzione alla
scarsità idrica, Siena, la trovò sotto terra, scavando una fitta
rete di cunicoli lunga oltre 25 chilometri chiamati bottini, per la
caratteristica volta a botte già a partire dal 1226; anche se ad
essere pignoli i cunicoli della Fontanella, di chiara origine
etrusca, sono gli unici a mantenere un soffitto a capanna. I bottini
presentavano un punto di raccolta dell'acqua al centro del cunicolo,
con la funzione di convogliarla e farla scorrere dolcemente verso la
fonte: in modo da far depositare i sedimenti di terreno sul fondo
mantenendo un acqua il più pura possibile. I depositi lasciati
dall'acqua si posavano sul così detto “gorello”, un canaletto
fatto di cocci di terra cotta. La velocità di scorrimento
dell'acqua, dentro ai bottini ed in particolar modo nel “gorello”,
è stata accuratamente studiata e calcolata al fine di impedire un
traboccamento del “gorello” in caso di alta velocità, garantendo
al tempo stesso la giusta pendenza per permettere all'acqua di
giungere alla fonte. È noto il crearsi, sopra la superficie d'acqua
del “gorello”, dovuta alla ricca presenza di sali che
caratterizza fortemente l'acqua di Siena. Questo piccolo particolare
che ci fa capire quanto dura potesse essere l'acqua di Siena, era un
tremendo gratta capo per gli operai che dovevano mantenere
funzionanti i bottini, che puntualmente si intasavano a causa delle
incrostazioni di calcio. L'operazione di pulitura del “gorello”
dalle incrostazioni calcaree era chiamata sgrumatura ed era
effettuata da una squadra di operai armati di scuri, scalpelli e
raschiatoi, che ripulivano in modo chirurgico i canaletti anche dei
più piccoli residui di “gruma”. A questi operai, veri
manutentori dei bottini, era demandato anche il compito di prevenire
le frane dalle pareti dei cunicoli per impedire i così detti
“ingalluzzamenti” dell'acqua. Al fine di permettere ai sali
cadere sul fondo e rendere l'acqua più morbida, vennero disposte
lungo i percorsi dei bottini delle vasche di decantazione chiamate
“galazze”.
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