venerdì 3 aprile 2015

Una famiglia di bottinieri: i Gani

L'operaio dell'acqua, conosciuto più tardi come bottiniere e fontaniere, era il responsabile di tutti i lavori dei bottini e delle fonti, svolgendo la funzione di capocantiere con alle sue dipendenze scavatori, muratori, carpentieri ed ingegneri. Inizialmente, vista la loro affidabilità, venivano chiamati a fare questo tipo di lavoro i monaci, considerate anche le loro conoscenze tecniche nelle opera di scavo; tra i monaci più famosi salta alle cronache il nome di Agnolo, monaco cistercense, al quale fu affidata l'opera di deviare la Merse nel 1267, ma che non fu mai realizzato. Con il passare degli anni furono scelti non solo uomini di chiesa ma anche figure laiche come ingegneri ed architetti, di qui la famiglia Gani rappresenta un valido esempio, dato che Giuseppe, Giovanni e Vincenzo (padre, figlio e nipote) furono bottinieri. Se al tempo di nonno Giuseppe, per diventare bottiniere occorreva solo un po' di esperienza, al tempo del nipote Vincenzo, precisamente nel 1827, occorreva una laurea in architettura. Proprio in quel periodo si manifestarono nella città di Siena, gravi problemi di approvigionamento idrico, tanto che lo stesso Gani propose di estendere la rete dei bottini sotto la città: opera rispedita al mittente visto l'immenso costo di realizzazione. Il Gani, non contento e intenzionato a risolvere almeno in parte il problema della scarsità di acqua in città, ottenne dal comune un atto per impedire che si coltivassero i terreni in prossimità dei bottini, al fine di salvaguardare la volta dall'opera distruttiva delle radici. Allo stesso Gani poi furono affidate le opere ordinari e straordinarie per la manutenzione di molte fonti in stato di abbandono, gli fu concesso di ispezionare l'intera rete dei bottini e che non vi fossero allacciamenti irregolari. Il suo Testimone passò poi Pietro Marchetti che nel 1868 realizzò le nuove tabelle per identificare le utenze.

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