L'operaio dell'acqua, conosciuto
più tardi come bottiniere e fontaniere, era il responsabile di tutti i lavori
dei bottini e delle fonti, svolgendo la funzione di capocantiere con alle sue
dipendenze scavatori, muratori, carpentieri ed ingegneri. Inizialmente, vista
la loro affidabilità, venivano chiamati a fare questo tipo di lavoro i monaci,
considerate anche le loro conoscenze tecniche nelle opera di scavo; tra i
monaci più famosi salta alle cronache il nome di Agnolo, monaco cistercense, al
quale fu affidata l'opera di
deviare la Merse nel 1267, ma che non fu mai
realizzato. Con il passare degli anni furono scelti non solo uomini di chiesa
ma anche figure laiche come ingegneri ed architetti, di qui la famiglia Gani
rappresenta un valido esempio, dato che Giuseppe, Giovanni e Vincenzo (padre,
figlio e nipote) furono bottinieri. Se al tempo di nonno Giuseppe, per
diventare bottiniere occorreva solo un po' di esperienza, al tempo del nipote
Vincenzo, precisamente nel 1827, occorreva una laurea in architettura. Proprio
in quel periodo si manifestarono nella città di Siena, gravi problemi di
approvigionamento idrico, tanto che lo stesso Gani propose di estendere la rete
dei bottini sotto la città: opera rispedita al mittente visto l'immenso costo
di realizzazione. Il Gani, non contento e intenzionato a risolvere almeno in
parte il problema della scarsità di acqua in città, ottenne dal comune un atto
per impedire che si coltivassero i terreni in prossimità dei bottini, al fine
di salvaguardare la volta dall'opera distruttiva delle radici. Allo stesso Gani
poi furono affidate le opere ordinari e straordinarie per la manutenzione di
molte fonti in stato di abbandono, gli fu concesso di ispezionare l'intera rete
dei bottini e che non vi fossero allacciamenti irregolari. Il suo Testimone passò
poi Pietro Marchetti che nel 1868 realizzò le nuove tabelle per identificare le
utenze.
Nessun commento:
Posta un commento