I bottini erano e sono
delle gallerie rivestite di mattoni, per scongiurare il pericolo di
frane delle sabbie inumidite, mentre sotto la città il rivestimento
era spesso assente dato che il lastricato stradale e le abitazioni
limitavano fortemente le infiltrazioni d'acqua. Considerato il
disperato bisogno idrico della città di Siena e la delicatezza dei
bottini, il comune emanò una serie di leggi molto severe atte a
tutelare e a mantenere integri i cunicoli sotto la città, infatti,
era assolutamente vietato coltivare i terreni sovrastanti ai bottini,
per evitare che le radici delle piante lo rovinassero. Queste erano
le così dette “zone di rispetto”. Il primo complesso di bottini,
di cui si ha notizia, si è sviluppati presso Fontebranda, conosciuta
in città come la fonte più ricca d'acqua, dato che il tracciato del
suo bottino intercettava lo strato impermeabile di argille turchine.
Si scavò proprio a partire da Fontebranda per poi risalire con una
lieve pendenza, mantenendosi sempre tra i due strati geologici: uno
di sabbia (con la quale l'acqua poteva filtrare) e uno di argilla
(impermeabile). Scavati nelle sabbie di antichi sedimenti marini,
volgarmente ed impropriamente chiamato “tufo”, i bottini
raccoglievano le infiltrazioni delle acque piovane dal terreno
sovrastante.
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