giovedì 30 ottobre 2014

Il lavoro nei bottini

Il lavoro nei bottini avveniva in maniera lenta, dato che poteva lavorare un solo uomo, scavando la roccia con attrezzi rudimentali, quali zapponi, picconi, pale e palette, paletti di ferro, succhielli, mazzapicchio e scalpelli, ed ancora uncini per togliere il deposito calcareo (gruma) dal gorello (operazione detta di "sgrumatura"). Per stabilire la pendenza che, spesso, era mantenuta costante con una angolazione quasi impercettibile dell'uno per mille, così che l'acqua, nel suo lento scorrere, potesse anche depositare impurità o calcare, veniva utilizzato l'archipendolo. Se il dislivello da coprire era maggiore, si ricorreva a delle curve a serpentina, che avevano lo scopo di rallentare la velocità dell'acqua estendendone il percorso per mantenerne inalterata la pendenza. Infine, per illuminare le tenebre il comune forniva candele di sego e talvolta lanterne.
Scavata la galleria, ampliava e a rinforzava con archi, transetti e  spalline di laterizio per evitare frane e cedimenti. Per questo insieme ai minatori lavoravano carpentieri, vetturali, addetti al trasporto dei materiali e gli addetti ai rifornimenti alimentari. I lavoratori dei bottini si dividevano in: manovali, subito pagati e precari; i maestri, con rapporto di impiego più duraturo e guadagnavano il doppio di un manovale, che a sua volta guadagnava il doppio di una donna. La paga di chi lavorava nei bottini comprendeva sempre anche un pasto: pane, vino, melone, carne (talvolta).
C'erano anche operai specializzati reclutati tra i minatori delle colline metallifere (massa Marittima, Gerfalco, Montieri, Boccheggiano) che avevano un ingaggio duraturo e sicuro. Questi minatori erano chiamati "guerchi", dato che lavorando sottoterra, quando rivedevano la luce del sole ne venivano abbagliati tanto da restare privi della vista (guerci). Inoltre la vita sotterranea creava anche paure diffuse, causate soprattutto dal buio e dall'ignoranza: si riteneva che vi abitassero animali fantastici come il Fuggisole, capace di avvelenare, o demoni malvagi che potevano, con il loro fiato, intossicare i lavoratori. 

Com'è fatto un Bottino

I bottini erano e sono delle gallerie rivestite di mattoni, per scongiurare il pericolo di frane delle sabbie inumidite, mentre sotto la città il rivestimento era spesso assente dato che il lastricato stradale e le abitazioni limitavano fortemente le infiltrazioni d'acqua. Considerato il disperato bisogno idrico della città di Siena e la delicatezza dei bottini, il comune emanò una serie di leggi molto severe atte a tutelare e a mantenere integri i cunicoli sotto la città, infatti, era assolutamente vietato coltivare i terreni sovrastanti ai bottini, per evitare che le radici delle piante lo rovinassero. Queste erano le così dette “zone di rispetto”. Il primo complesso di bottini, di cui si ha notizia, si è sviluppati presso Fontebranda, conosciuta in città come la fonte più ricca d'acqua, dato che il tracciato del suo bottino intercettava lo strato impermeabile di argille turchine. Si scavò proprio a partire da Fontebranda per poi risalire con una lieve pendenza, mantenendosi sempre tra i due strati geologici: uno di sabbia (con la quale l'acqua poteva filtrare) e uno di argilla (impermeabile). Scavati nelle sabbie di antichi sedimenti marini, volgarmente ed impropriamente chiamato “tufo”, i bottini raccoglievano le infiltrazioni delle acque piovane dal terreno sovrastante.

mercoledì 29 ottobre 2014

Il gorello e la gruma

La soluzione alla scarsità idrica, Siena, la trovò sotto terra, scavando una fitta rete di cunicoli lunga oltre 25 chilometri chiamati bottini, per la caratteristica volta a botte già a partire dal 1226; anche se ad essere pignoli i cunicoli della Fontanella, di chiara origine etrusca, sono gli unici a mantenere un soffitto a capanna. I bottini presentavano un punto di raccolta dell'acqua al centro del cunicolo, con la funzione di convogliarla e farla scorrere dolcemente verso la fonte: in modo da far depositare i sedimenti di terreno sul fondo mantenendo un acqua il più pura possibile. I depositi lasciati dall'acqua si posavano sul così detto “gorello”, un canaletto fatto di cocci di terra cotta. La velocità di scorrimento dell'acqua, dentro ai bottini ed in particolar modo nel “gorello”, è stata accuratamente studiata e calcolata al fine di impedire un traboccamento del “gorello” in caso di alta velocità, garantendo al tempo stesso la giusta pendenza per permettere all'acqua di giungere alla fonte. È noto il crearsi, sopra la superficie d'acqua del “gorello”, dovuta alla ricca presenza di sali che caratterizza fortemente l'acqua di Siena. Questo piccolo particolare che ci fa capire quanto dura potesse essere l'acqua di Siena, era un tremendo gratta capo per gli operai che dovevano mantenere funzionanti i bottini, che puntualmente si intasavano a causa delle incrostazioni di calcio. L'operazione di pulitura del “gorello” dalle incrostazioni calcaree era chiamata sgrumatura ed era effettuata da una squadra di operai armati di scuri, scalpelli e raschiatoi, che ripulivano in modo chirurgico i canaletti anche dei più piccoli residui di “gruma”. A questi operai, veri manutentori dei bottini, era demandato anche il compito di prevenire le frane dalle pareti dei cunicoli per impedire i così detti “ingalluzzamenti” dell'acqua. Al fine di permettere ai sali cadere sul fondo e rendere l'acqua più morbida, vennero disposte lungo i percorsi dei bottini delle vasche di decantazione chiamate “galazze”.

martedì 28 ottobre 2014

Deviamo la Merse!

Che se ne dica Siena ha sempre invidiato Firenze. Nessuno lo ammetterà mai ma le cose stanno esattamente così. L'invidia di Siena verso la città di Firenze era dovuta solo e soltanto alla fortuna di avere un grande fiume in città, anche se questo voleva dire ritrovarsi con qualche esondazione ogni tanto. Siena infatti ha sempre dovuto fare i conti per secoli con l'acqua e l'approvvigionamento idrico della città, fino a quando non si è iniziato a cercare l'acqua sotto terra. Essendo Siena priva di fiumi, i suoi abitanti, spinti da una necessità vitale, iniziarono a scavare la roccia alla ricerca di falde acquifere. Questi scavi iniziarono in epoca medioevale, anche se si ebbero notizie di scavi già dal 394 d.c, e ben presto il sottosuolo della città fu letteralmente invaso da una distesa di cunicoli atti ad inseguire ogni goccia di acqua. Con l'aiuto di rabdomanti e di centinaia di braccia l'acquedotto sotterraneo prese forma e Siena riuscì a portare nelle case dei suoi abitanti una preziosa risorsa come l'acqua. Presi dall'euforia di avere sempre più acqua in città i senesi pensarono anche, intorno al 1267, di deviare il corso del fiume Merse verso Siena; progetto abbandonato a causa delle enormi difficoltà tecniche e per gli ingenti costi. Fu nel 1300 che furono realizzati la gran parte dei cunicoli sotterranei e solo nel 1400 i senesi si concentrarono sulla portata idrica delle fonti cittadine, veri punti nevralgici del sistema economico sociale senese.

sabato 25 ottobre 2014

Siena

Chi conosce Siena o chi almeno l'ha visitata si sarà subito reso conto di due segni caratteristici di questa città: il continuo saliscendi delle sue strade e la mancanza di un fiume che l'attraversi o che quantomeno le passi vicino. Siena infatti, sorge su di un colle in mezzo alla campagna e senza un corso d'acqua, almeno in apparenza, tanto da essere ricordata come la Siena assetata e dissestata. Pur senza corsi d'acqua la città è stata attraversata da un altro “fiume”, soprattutto in epoca medioevale, quando moltissimi pellegrini raggiungevano Roma attraverso la via Francigena: direttrice costruita dopo l'anno 1000 ed in grado di connettere la città dei Papi con il Nord Europa. Ecco allora che anche Siena trovò il suo fiume, non fatto di acqua ma di persone, popoli e idee. Le sole persone che attraversavano Siena e le loro ricchezze non bastavano più alla città, che sentiva crescere sempre di più il disperato bisogno di acqua per competere economicamente con la storica rivale guelfa: Firenze. Firenze, a dispetto di Siena, ricalca alla perfezione il modello classico di una grande città europea, dalla pianta urbana realizzata su di una pianura alluvionale e con il lento ma vitale fiume Arno, con il quale girava gran parte dell'economia della città. Tanto per fare un esempio produrre la lana a Siena costava molto di più che a Firenze: infatti i poveri lanaioli senesi erano costretti a portare i loro panni a lavorare nei mulini fuori città, con un conseguente dispendio di denaro. Cosa che ovviamente, vista la presenza del fiume Arno, non accadeva a Firenze. Intorno al 1250, periodo di massima espansione per Siena, la necessità di un approvvigionamento idrico si fece sempre più impellente. Inoltre per i governanti la sfida di portare l'acqua a Siena, dava loro la possibilità di poter espandere la città e di essere in grado, con mezzi propri e innovativi, di provvedere da soli alle proprie risorse primarie.  

venerdì 24 ottobre 2014

I Bottini di Siena

Capita spesso, soprattutto in Italia, di camminare sopra a delle vere e proprie opere d'arte e non rendersene conto. Questo è quello che ho pensato quando sono venuto a conoscenza della presenza, a Siena, di una fitta ed antichissima rete di cunicoli sotterranei che corrono in lungo e in largo al disotto della città, con funzione di acquedotto: "i bottini” di Siena, così sono stati denominati dai cittadini senesi. Essi sono un intimo patrimonio della città e come tale è gelosamente salvaguardato, non solo dal deterioramento del tempo ma anche dai curiosi. A dire il vero di curiosi ce ne sono ben pochi, merito delle associazioni che tutelano questo incredibile patrimonio ma anche per lo scarso interesse di turisti e di una buona parte di senesi, sicuramente più interessati a tutto ciò che sta sopra rispetto a quello che sta sotto. Nonostante si parli poco dell'acquedotto sotterraneo di Siena, queste buie gallerie sono intrise di innumerevoli leggende, che si tramandano da secoli, e di un alone di mistero in grado di rendere estremamente affascinante questo mondo sotterraneo. Scendere sotto terra per entrare nei bottini non è solo un viaggio dentro il ventre scuro di Siena, ma un vero e proprio viaggio nella storia della città. Calpestare il fondo dei bottini, respirando l'aria umida al sentore di roccia è l'unico modo per vivere e capire una parte importante della Città di Siena.