Figlio di un orafo e intagliatore di legno, trascorse l’infanzia a Siena
dove, a contatto con le numerose botteghe di orafi e scultori, imparò l’arte
della scultura della pietra, del legno, dell’oro e del bronzo. Nel 1387 si
trasferì a Lucca con la famiglia distinguendosi subito per l’indole irrequieta
e rissosa. Avendo percosso a sangue un cittadino lucchese sulla porta della
Cattedrale, fu denunciato, bandito dal territorio e costretto a fuggire a Firenze
dove, qualche anno dopo, partecipò al concorso per la costruzione della seconda
porta del Battistero. Così detto probabilmente dal soprannome della
madre, la sua formazione è estremamente dibattuta tra chi ritiene che abbia
compiuto il suo tirocinio presso i fratelli Dalle Masegne a Bologna e chi lo
vede, in Siena, intento a rimeditare la grande lezione di Nicola e di Giovanni Pisano.
Sempre in viaggio tra Siena, Lucca, Bologna e Firenze, disseminò il suo cammino
artistico di continui contrasti con i committenti, subendo denunce, solleciti,
intimidazioni e riduzioni dei compensi per mancato rispetto dei termini di
consegna e per mancata o parziale esecuzione delle opere commissionate. La
sua formazione si basava sul linguaggio del gotico senese, che sfrondò dagli effetti più aggraziati e, in certo
senso, cerebrali. Assimilò le più avanzate ricerche fiorentine, della scultura borgognona e il
retaggio classico, che reinterpretò con originalità, dando origine a opere
virili e concrete, dove sotto le complicate pieghe del panneggio gotico si nascondono corpi robusti e solidi. Già nei rilievi della Fonte Gaia, a fronte di un impianto generale,
consono alla tradizione, si rileva una straordinaria libertà compositiva e
un'innovativa vitalità dei rilievi. Nel 1406-1407 Jacopo eseguì il
monumento funebre alla giovane moglie di Paolo Guinigi, signore di Lucca, Ilaria del Carretto, morta di parto nel 1405. Distaccandosi dai complicati,
e talvolta macchinosi, complessi funerari del Trecento, l'opera, è situata
nella Cattedrale di San Martino di Lucca, consiste di un sarcofago dai fianchi
classicamente decorati, sul cui coperchio giace l'immagine soavissima della
defunta. Una lunga e travagliata gestazione ebbe un'opera che fu tanto ammirata
e famosa da far attribuire all'artista l'appellativo, spesso citato dagli
antichi scrittori, di "Jacopo della Fonte". È la fonte per il Campo
di Siena, detta, per la gioia che procurò l'arrivo dell'acqua in quel luogo, la Fonte Gaia. Essa gli fu allogata dal Comune nel 1409, ma la sua
esecuzione si effettuò prevalentemente dal 1414 al 1419, quando venne
inaugurata. Ispirandosi alla struttura tradizionale delle fonti pubbliche senesi del
Medioevo, e privandola della copertura a volte e delle sovrastrutture, Jacopo
concepì la sua a guisa di un bacino rettangolare circondato da tre parti da un
alto parapetto, di cui i due lati corti a sagoma discendente recano a
bassorilievo la Creazione di Adamo e la Cacciata dall'Eden e, sui pilastri
anteriori, due statue femminili rappresentanti, secondo la tradizione, Rea
Silvia e Acca Larenzia, in omaggio alle mitiche origini romane della città,
mentre in quello più lungo domina, al centro, la Madonna col Bambino circondata
dalle allegorie delle Virtù. Il grande ritardo e la discontinuità
dell'esecuzione della Fonte Gaia si debbono probabilmente al fatto che Jacopo
era occupato anche a Lucca, di cui un documento del 1413 lo dice
"habitator" e dove in quell'anno gli venivano commesse le sculture.
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