lunedì 27 aprile 2015

La fonte regina: Fonte Gaia

Fra i molti bottini senesi, i rami maestri, ovvero quelli principali, sono due: quello di Fonte Branda lungo 7.5 chilometri e quello di Fonte Gaia lungo ben 15 chilometri. Quest'ultimo può essere considerato il bottino per eccellenza di tutta Siena, dato che porta l'acqua alla fonte regina della città, quella posta nel salotto di Siena, ovvero Fonte Gaia.  Anche se è la più recente tra le fonti senesi, Fonte Gaia, trovandosi in Piazza del Campo riveste un ruolo importantissimo, sia a livello artistico che ingegneristico per la città. Nel 1334 l'ingegnere Jacopo di Vanni fu autorizzato dal consiglio generale del comune a scavare un bottino altro 3 braccia e largo uno e mezzo, in grado di portare abbondante acqua in Piazza del Campo. Fu realizzato in soli 3 anni, utilizzando due squadre di operai che partirono dalle due estremità per poi incontrarsi a metà percorso,  intercettando le vene a nord della città, le uniche a quote così alte da poter fornire acqua per caduta. Il numero dei pozzi lungo il bottino di Fonte Gaia ha subito notevoli variazioni nel corso dei secoli, passando da 270 nel 1638 a nel  1797, per poi diminuire nel 1915 a soli 255.

martedì 14 aprile 2015

Jacopo della Quercia

Figlio di un orafo e intagliatore di legno, trascorse l’infanzia a Siena dove, a contatto con le numerose botteghe di orafi e scultori, imparò l’arte della scultura della pietra, del legno, dell’oro e del bronzo. Nel 1387 si trasferì a Lucca con la famiglia distinguendosi subito per l’indole irrequieta e rissosa. Avendo percosso a sangue un cittadino lucchese sulla porta della Cattedrale, fu denunciato, bandito dal territorio e costretto a fuggire a Firenze dove, qualche anno dopo, partecipò al concorso per la costruzione della seconda porta del Battistero. Così detto probabilmente dal soprannome della madre, la sua formazione è estremamente dibattuta tra chi ritiene che abbia compiuto il suo tirocinio presso i fratelli Dalle Masegne a Bologna e chi lo vede, in Siena, intento a rimeditare la grande lezione di Nicola e di Giovanni Pisano. Sempre in viaggio tra Siena, Lucca, Bologna e Firenze, disseminò il suo cammino artistico di continui contrasti con i committenti, subendo denunce, solleciti, intimidazioni e riduzioni dei compensi per mancato rispetto dei termini di consegna e per mancata o parziale esecuzione delle opere commissionate. La sua formazione si basava sul linguaggio del gotico senese, che sfrondò dagli effetti più aggraziati e, in certo senso, cerebrali. Assimilò le più avanzate ricerche fiorentine, della scultura borgognona e il retaggio classico, che reinterpretò con originalità, dando origine a opere virili e concrete, dove sotto le complicate pieghe del panneggio gotico si nascondono corpi robusti e solidi. Già nei rilievi della Fonte Gaia, a fronte di un impianto generale, consono alla tradizione, si rileva una straordinaria libertà compositiva e un'innovativa vitalità dei rilievi. Nel 1406-1407 Jacopo eseguì il monumento funebre alla giovane moglie di Paolo Guinigi, signore di Lucca, Ilaria del Carretto, morta di parto nel 1405. Distaccandosi dai complicati, e talvolta macchinosi, complessi funerari del Trecento, l'opera, è situata nella Cattedrale di San Martino di Lucca, consiste di un sarcofago dai fianchi classicamente decorati, sul cui coperchio giace l'immagine soavissima della defunta. Una lunga e travagliata gestazione ebbe un'opera che fu tanto ammirata e famosa da far attribuire all'artista l'appellativo, spesso citato dagli antichi scrittori, di "Jacopo della Fonte". È la fonte per il Campo di Siena, detta, per la gioia che procurò l'arrivo dell'acqua in quel luogo, la Fonte Gaia. Essa gli fu allogata dal Comune nel 1409, ma la sua esecuzione si effettuò prevalentemente dal 1414 al 1419, quando venne inaugurata.  Ispirandosi alla struttura tradizionale delle fonti pubbliche senesi del Medioevo, e privandola della copertura a volte e delle sovrastrutture, Jacopo concepì la sua a guisa di un bacino rettangolare circondato da tre parti da un alto parapetto, di cui i due lati corti a sagoma discendente recano a bassorilievo la Creazione di Adamo e la Cacciata dall'Eden e, sui pilastri anteriori, due statue femminili rappresentanti, secondo la tradizione, Rea Silvia e Acca Larenzia, in omaggio alle mitiche origini romane della città, mentre in quello più lungo domina, al centro, la Madonna col Bambino circondata dalle allegorie delle Virtù. Il grande ritardo e la discontinuità dell'esecuzione della Fonte Gaia si debbono probabilmente al fatto che Jacopo era occupato anche a Lucca, di cui un documento del 1413 lo dice "habitator" e dove in quell'anno gli venivano commesse le sculture.

lunedì 13 aprile 2015

Le fonti di Siena

Passeggiare per le strade medievale di Siena osservndo le meraviglie archittettoniche e artistiche che offre la città, non è tutto. Sotto le vie di Siena si nasconde un mondo segreto e affascinante, nascosto dalla luce del sole, che può essere solo immaginato soffermandosi davanti ad una delle tante fonti sparse per la città. Se passate da Piazza del Campo, non potete non notare la cristallina acqua che zampilla dalla fonte  progettata da Jacopo della Quercia, Fonte Gaia, ma non riuscirete mai ad immaginare che sotto di essa si nasconde un dedalo di cunicoli vecchi migliaia di anni, in grado di rifornire d'acqua le fontane e i pozzi di tutta Siena. Un reticolo scavato in quello che molti senesi chiamano volgarmente tufo, che impressionò perfino Carlo V, facendogli affermare dopo una passeggiata nei bottini, che Siena era più bella sotto che sopra. Le prime fonti furono realizzate tra il XI e il XII secolo, per dare risposta alla crescente domanda di acqua di una città in piena espansione, numerosa e sempre più esigente. Alcune fonti furono realizzate, a causa della carenza di spazio, fuori dalle cinte murarie della città, ma successivamente inglobate da altre cerchie di mura più esterne, grazie alla rapida espansione di Siena. Queste fonti, sono ben diverse sia da quelle greche che da quelle romane, dato che erano utilizzate per molteplici scopi e quindi si caratterizzavano per la loro essenziale funzionalità. Le fonti erano di solito suddivise in tre vasche di raccolta, poste ad altezze differenti: quella in alto riceveva l'acqua nuova, utilizzata per bere e cucinare, che usciva direttamente dal muro, la seconda si alimentava del trabocco della prima ed era adibita ad abbeverare gli animali e nella terza si potevano lavare i panni senza rischiare di contaminare le altre. Con il supero dell'ultima vasca si potevano irrogare i campi. Col tempo molte di queste fonti furono coperte con delle volte al fine di proteggere l'acqua raccolte da intemperie, animali e sporcizie che gli abitanti del tempo erano soliti gettare giù dalle scarpate. Su alcune di esse si possono addirittura trovare delle merlature che le resero delle vere e proprie fortificazioni avanzate, dette bicocche, ovvero gli antiporti della città.

venerdì 3 aprile 2015

Una famiglia di bottinieri: i Gani

L'operaio dell'acqua, conosciuto più tardi come bottiniere e fontaniere, era il responsabile di tutti i lavori dei bottini e delle fonti, svolgendo la funzione di capocantiere con alle sue dipendenze scavatori, muratori, carpentieri ed ingegneri. Inizialmente, vista la loro affidabilità, venivano chiamati a fare questo tipo di lavoro i monaci, considerate anche le loro conoscenze tecniche nelle opera di scavo; tra i monaci più famosi salta alle cronache il nome di Agnolo, monaco cistercense, al quale fu affidata l'opera di deviare la Merse nel 1267, ma che non fu mai realizzato. Con il passare degli anni furono scelti non solo uomini di chiesa ma anche figure laiche come ingegneri ed architetti, di qui la famiglia Gani rappresenta un valido esempio, dato che Giuseppe, Giovanni e Vincenzo (padre, figlio e nipote) furono bottinieri. Se al tempo di nonno Giuseppe, per diventare bottiniere occorreva solo un po' di esperienza, al tempo del nipote Vincenzo, precisamente nel 1827, occorreva una laurea in architettura. Proprio in quel periodo si manifestarono nella città di Siena, gravi problemi di approvigionamento idrico, tanto che lo stesso Gani propose di estendere la rete dei bottini sotto la città: opera rispedita al mittente visto l'immenso costo di realizzazione. Il Gani, non contento e intenzionato a risolvere almeno in parte il problema della scarsità di acqua in città, ottenne dal comune un atto per impedire che si coltivassero i terreni in prossimità dei bottini, al fine di salvaguardare la volta dall'opera distruttiva delle radici. Allo stesso Gani poi furono affidate le opere ordinari e straordinarie per la manutenzione di molte fonti in stato di abbandono, gli fu concesso di ispezionare l'intera rete dei bottini e che non vi fossero allacciamenti irregolari. Il suo Testimone passò poi Pietro Marchetti che nel 1868 realizzò le nuove tabelle per identificare le utenze.

giovedì 2 aprile 2015

Mariano di Jacopo detto il Taccola

Mariano di Iacopo, detto il Taccola, probabilmente per il suo naso aquilino, inaugura la rinascita della cultura tecnica a Siena. Dalla frequentazione della bottega di Iacopo della Quercia egli trasse l'abilita di disegnatore che si riscontra nella sua opera. Con Taccola entra in scena la figura nuova dell'ingegnere autore di testi tecnologici illustrati dove le immagini sono concepite come strumento fondamentale di comunicazione. I temi trattati da Taccola riflettono le esigenze del territorio senese. Il problema fondamentale di Siena era rappresentato dalla difficoltà di approvvigionamento idrico. Per questo le applicazioni idrauliche costituiscono uno dei capitoli piu ricchi e originali dell'opera di Mariano. Legati alle esigenze della Repubblica Senese appaiono anche i progetti di bonifica delle paludi maremmane o i riferimenti alle attività minerarie. Nel notevole interesse di Taccola per le tecniche militari troviamo il riflesso delle costanti guerre nelle quali la ghibellina Siena fu impegnata, soprattutto contro la guelfa Firenze. Mariano offri i propri servigi all'Imperatore Sigismondo, Re d'Ungheria, che soggiorno a Siena nel 1432. Mariano di Jacopo nacque a Siena il 4 febbraio del 1381. Suo padre Iacopo era un vignaiolo. Praticamente nulla si conosce dei suoi primi anni e del suo apprendistato. Quando fu adulto, intraprese le carriere di notaio, segretario all'università, scultore, sovrintendente ai trasporti ed ingegnere idraulico. Negli anni 40 del XV secolo, si ritirò da tutti i ruoli ufficiali grazie ad una pensione statale. Si sa, inoltre, che entrò nell'ordine di San Giacomo intorno al 1453, anno nel quale probabilmente morì. Accanto ai suoi trattati di ingegneria militare, numerosi suoi scritti, rimasti inediti, sono dedicati a studi e ad applicazioni di ingegneria idraulica. Nei manoscritti di Taccola, come in altri trattati di altri ingegneri senesi a lui contemporanei, gli studi sulla regolamentazione delle acque rispecchiano l'esigenza di dotare la città di Siena, sprovvista di corsi d'acqua naturali, di un sistema di approvvigionamento di acque potabili, che ovviasse alle carenze del territorio. Soprannominato anche l'Archimede senese, il Taccola si pone agli inizi della tradizione rinascimentale ingegneristica italiana, soprattutto per la varietà delle problematiche trattate. I suoi disegni furono poi adoperati dalla quasi totalità della generazione di ingegneri del XV e del XVI secolo. Sui suoi disegni si basano inoltre gli studi del Brunelleschi che portarono alla costruzione della cupola di Santa Maria del Fiore.

Operai dell'acqua

Nel medievo la vita era molto diversa da come la intendiamo oggi. Per fare un esempio, le città erano spesso sotto assedio e il rischio di invasioni era molto alto. Nel 1200 gli attacchi alle strutture idriche rappresentavano una valida strategia di attacco per indebolire e successivamente provare a conquistare una città. I punti di approvigionamento idrico erano considerati militarmente strategici e per questo difesi in maniera spasmodica. Nella città di Siena si prestò fin da subito molta attenzione alla vigilanza delle fonti e agli accessi ai bottini, sia in tempi di pace che in tempi di guerra, con vere e proprie guarnigioni di soldati atte ad evitare incursioni indesiderate in città. I tentativi storici di penetrare dentro Siena attraverso i bottini, furono due: il primo fu sventato per un vero colpo di fortuna nel 1554 quando i soldati di Carlo V cercarono di assediare la città, mentre in tempi assai più recenti, nell'estate del 1944, i partigiani del CLN locale, progettarono di liberare Siena dall'occupazione tedesca, con una insurrezione che poi non raggiunse il suo scopo. Oltre ai militari la città di Siena, vantò anche un prestigioso gruppo di tecnici chiamati operai dell'acqua, uomini profumatamente pagati dal comune per sorvegliare le fonti, i bottini e per far rispettare le leggi riguardanti la protezione dell'acqua. Uno tra i più famosi "operai dell'acqua" fu sicuramente Mariano di Jacopo detto il Taccola, capostipite dell'idraulica moderna.