
I bottini di Siena, oltre ad
essere affascinanti e unici, sono anche molto pericolosi o almeno lo erano fino
al secolo scorso, dato che in questi angusti cunicoli sotterranei anche la
morte osava passeggiare indisturbata. I primi a morire furono ovviamente i
"guerchi", cioè i minatori che realizzavano e mantenevano i bottini
praticamente ogni giorno. Per morire nei bottini, bastava davvero una piccola
distrazione o un semplice momento di stanchezza e poteva accadere l'irreparabile.
Pensate che il tipo di lavoro che si svolgeva sotto la città di Siena era
simile a quello dei minatori e quindi
unlavoro durissimo ma soprattutto pericolosissimo, considerate poi le misure di
sicurezza praticamente nulle e la totale assenza di accorgimenti
igenico-sanitari. Possiamo dire senza sbagliarci che gli scavatori facevano una
vera e propria vita da schiavi, lavorando anche 20 ore al giorno, senza luce e
con il solo ausilio di lampade o torce a olio. Insomma la loro vita non valeva
un granche (ne morivano circa 20 al mese), ma senza di loro i bottini non
sarebbero mai stati realizzati. Bastava poco per morire nell'oscurità dei
sotterranei di Siena e una delle cause principali era la negligenza con cui a volte venivano
compiuti i gli scavi; molto spesso infatti, si assisteva ad interi crolli di
pareti, mal puntellate dai carpentieri. In questi casi si assisteva ad un vero
fuggi fuggi per riemergere dalla tenebre e sfuggire alla morte. Contro la morte
si poteva fare ben poco, se non raccomandarsi alla Madonna e sperare nella sua
misericordia, tanto che i bottini sono disseminati di statuette in terracotta
della Santa Vergine per scampare alle sventure. Lungo il percorso dei bottini,
si possono notare, incise sulle pareti, delle croci dal doppio significato: il
primo è quello più attendibile ovvero si pensa che avessero un potere
protettivo, mentre il secondo motivo è molto più macabro e si crede possa
indicare il luogo esatto in cui un minatore ha perso la vita. Una delle ultime
morti avvenute nei bottini, risale al 1927 ed ha come protagonista un giovane
Bersagliere del 5° reggimento in permanenza
alla caserma del Carmine. Giorgio
Baldaccini, questo era il suo nome, si avventurò nei sotterranei, durante un
giorno di libera uscita, senza più farne ritorno. Il suo corpo fu ritrovato
esanime, il giorno successivo dopo che delle potenti idrovore prosciugarono
il pozzo della Diana per far emergere il cadavere annegato. Si crede che il
giovane si sia perso nel dedalo dei bottini e che esaurita la torcia abbia proseguito
a tentoni fino a precipitare nel
pozzo della Diana per incontrare la morte.
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