martedì 10 febbraio 2015

Pirati dell'acqua

Solo nel 1400 la rete dei bottini senesi raggiunse la sua massima espansione, alimentando sia le fonti pubbliche sia le cisterne private. Per far si che l'acqua non mancasse mai ne alle fonti ne alle cisterne, fu istituita una figura di vigilanza detta "il bottiniere", il quale aveva il compito di vigilare sulla portata idrica dei bottini, scongiurando furti di acqua da parte dei cittadini. A seguito di una segnalazione di furto idrico, da parte del bottiniere, si poteva arrivare anche alla sospensione del servizio di approvigionamento. Le regole a quel tempo erano molto severe e si privilegiava sempre e comunque il bisogno pubblico su quello privato, quindi in caso di carenza di acqua nei bottini, si poteva sospendere la distribuzione privata. Queste regole non furono create per caso, dato che nel 1364 molti cittadini privati iniziarono ad abusare delle loro concessioni, facendo scarseggiare l'acqua in tutta la città, e ricevendo salate sanzioni per i loro abusi. Le autorità senesi erano molto preoccupate per i continui furti di acqua praticate nei bottini per l'approvigionamento idrico o per la pulizia degli abiti, pratica questa che poteva inquinare e compromettere la salubrità delle acque. Si dovette aspettare il 1410 perchè il comune prendesse la decisione di chiudere in maniera coatta le aperture abusive, senza però trarne risultato date che gli allacciamenti illegali non si arrestarono. Lo scopo dei bottini infatti non era quello di servire le abitazioni private, ma quello di approvigionare le fonti cittadine. Purtroppo l'accesso ai bottini era molto semplice da realizzare, dato che bastava scavare nella morbida sabbia compatta del sottosuolo senese e deviare il corso del bottino, con una piccola ramificazione, fino alla cantina della propria abitazione. Queste azioni illegali continuarono almeno fino al 1500 nonostante la figura del povero bottiniere che non riusciva a combattere il malcostume.  Solo nel 1589 la biccherna emise un bando per imporre ai proprietari dei pozzi alimentati dai bottini, l'adozione di un sistema di trabocco per far ritornare l'acqua in eccesso nella rete. Tale sistema prese il nome di "tornaindietro" e fu uno delle tante invenzioni di un popolo che ha sempre dovuto fare i conti con la scarsità idrica.

domenica 8 febbraio 2015

Pozzo della Diana e la sua storia

Il pozzo della Diana, gioia e tormento dei frati Carmelitani e speranza di approvigionamento idrico per la città, visse glorie alterne. Infatti, dopo le cure amorevoli dei frati Carmelitani, il pozzo cambierà padroni e dopo secoli di attenzioni e manutenzioni, i frati furono costretti a  lasciare il convento per effetto delle leggi napoleoniche tra il 1808 e 1810, potendo tornare solo durante la restaurazione, per poi essere successivamente allontanati nel 1861, quando il convento fu convertito in caserma. Nel corso del 1800 alcune misurazioni effettuate dai corpi militari, stanziati a Siena, descrivevano il pozzo della Diana come un pozzo profondo 45 metri, almeno così si raccontava in una lettera al Sindaco di Siena nel 1882 dal 55° reggimento. Nel 1887 a seguito delle operazioni di spurgo del pozzo, eseguito dal genio militare, al Sindaco fu inviata una missiva dal tecnico Barsotti, incaricato dal comune per seguire i lavori, dalla quale si possono estrarre interessanti informazioni: pozzo a gola rettangolare in muratura, di forma circolare e scavato nel tufo per una profondità esatta di 48 metri e 70 cm. Il pozzo è praticamente asciutto per i primi 40 metri di profondità, da qui in poi e per i successivi 8 metri le pareti del pozzo trasudano acqua. A 5 metri dal parapetto del pozzo parte un piccola galleria in direzione nord, che porta tramite una scala al convento dei frati. Quando i militari lasciarono il convento e durante la ristrutturazione per convertire l'edificio a sede universitaria, il pozzo fu riempito con materiali di risulta.