Vide un'ombra sollevare il mento con aria interrogativa, come sono
soliti fare i ciechi e la interrogò. La penitente rispose di essere stata senese, e di fare ammenda delle sue colpe. Avrete capito che si tratta del tredicesimo canto
del Purgatorio ed a rispondere è Sapia, una nobil donna senese che
definì i suoi concittadini:
“...gente
vana
che spera in Talamone, e perderagli
più di speranza ch’a trovar la Diana...”
che spera in Talamone, e perderagli
più di speranza ch’a trovar la Diana...”
Il
giudizio sprezzante e irriverente che il sommo poeta da dei senesi
per bocca di Sapia, è ben impresso, ancora oggi, nella mente di ogni
abitante di Siena, e si somma ad uno dei tanti motivi per qui i
senesi non sopportano i cugini di Firenze. Con questa terzina, forse
la più odiata da tutta Siena, Dante fissa per sempre l'eco di una
leggenda tanto straordinaria e folle, da aver superato le mura
cittadine già nel 1200. A Siena infatti, ormai da diversi secoli, si
era diffusa in modo capillare la credenza e l'ossessione che sotto la
città scorresse un fiume ricco di acque e portatore di prosperità
per tutta Siena. Tra le mura di Siena, almeno fino al 1300, il comune
finanziava, con spese enormi, ogni opera di ogni cittadino che si
prendesse la briga di scavare dei pozzi al fine di trovare
dell'acqua. Questa impresa di esplorazione del sottosuolo senese, non
fu per niente vana, dato che valse a recuperare grandi quantità di
acqua per lo sviluppo e la sopravvivenza di Siena, garantendo una
fitta rete di cunicoli sotterranei che diedero vita ad un vero e
proprio acquedotto. Ovviamente, il mitico fiume sotterraneo fu
cercato con ossessiva meticolosità, senza però mai trovarlo, anche
se qualcuno ancora oggi sostiene di poterlo sentire scorrere sotto la
città nelle ore notturne. Il nome Diana indicava un'abbondante vena
d'acqua che avrebbe dovuto scorrere sotto il poggio di Castelvecchio,
confluendo con il torrente Tressa. La Diana quindi risulta esistere
più nell'immaginazione dei senesi che non nel sottosuolo della
città. Il fiume mitologico battezzato Diana, come la dea cacciatrice
e al tempo stesso protettrice della creazione, indica un legame
privato e profondo tra la città, i suoi cittadini e il bisogno di
acqua che li ha caratterizzati nei secoli.
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